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Con la papaya le celle fotovoltaiche diventano più economiche e biodegradabili 

Con la papaya le celle fotovoltaiche diventano più economiche e biodegradabili 

Un gruppo di ricercatori della Delft University of Technology, nei Paesi Bassi, sta sperimentando un metodo alternativo per la fabbricazione di film sottili di biossido di titanio impiegando un enzima della papaya, che verranno poi impiegati nella produzione di celle fotovoltaiche organiche.

Questo semiconduttore nanocristallino ha la funzione di aumentare la superficie attiva della cella, garantendo così una più elevata efficienza nell’assorbimento della radiazione. 

Gli attuali metodi di fabbricazione dei film impiegati per le celle fotovoltaiche richiedono temperature elevate e costose tecnologie.

I ricercatori della Delft University of Technology hanno però trovato un modo alternativo e semplice per ottenere la pellicola di titania a temperatura ambiente.

Il metodo dei ricercatori olandesi si basa sull’utilizzo della “papaina”, un enzima della papaya, che viene impiegata in una procedura chiamata “rivestimento a immersione”. “Il semplice riscaldamento in un normale forno domestico ha portato all’evaporazione della maggior parte del materiale organico, lasciando dietro di sé film porosi di TiO2”, ha spiegato il dottor Duncan McMillan, ricercatore di TU Delft.

Usando il nuovo processo di produzione, il ricercatore Edward van Amelrooij ha creato i primi dispositivi di test, ossia alcune Dye Sensitized Solar Cells (DSSC). Si tratta di celle fotovoltaiche organiche che accoppiano un materiale nanocristallino semiconduttore ad ampio band gap (in questo caso il TiO2) ad un monostrato di molecole di colorante. “Gli attuali metodi di produzione richiedono condizioni di vuoto o un’attrezzatura specializzata per scaldare i campioni a 600°C”, spiega McMillan. “Questo non solo rende il processo molto costoso, ma produce anche strati piatti che non possono essere impilati, producendo una superficie limitata”.

Il nuovo metodo messo a punto dai laboratori olandesi utilizza invece una veloce deposizione guidata dagli enzimi, seguita dall’evaporazione che può essere ottenuta in un semplice forno domestico.

Si è scoperto che con questo nuovo sistema è possibile impilare fino a 50 di questi strati di biossido di titanio altamente porosi, con importanti vantaggi in termini di efficienza.

Fonte: rinnovabili.it


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