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Dalle Nanoparticelle la soluzione per  depurare le falde inquinate

Dalle Nanoparticelle la soluzione per  depurare le falde inquinate

Eventi e ricerche

La nanoremediation – è una tecnica di bonifica all’avanguardia, che prevede l’iniezione del nanomateriale, in forma di sospensione acquosa, direttamente nella zona contaminata da trattare per eliminare solventi e altri agenti contaminanti.

I risultati della sperimentazione di questa nuova tecnologia è stata pubblicata sulla prestigiosa rivista scientifica americana PNAS (Proceedings of the National Academy of Sciences) da un gruppo di ricerca internazionale a cui partecipa anche l’Italia con il Politecnico di Torino, rappresentato dalla professoressa Tiziana Tosco, docente del Dipartimento di Ingegneria dell’Ambiente, del Territorio e delle Infrastrutture nel gruppo di ricerca di Ingegneria degli Acquiferi, che svolge da anni attività di ricerca e trasferimento tecnologico nel campo della nanoremediation.

Questa tecnica mostra ottimi risultati per il trattamento di un ampio spettro di composti, e in particolare per i solventi, una delle classi di contaminanti più di frequente riscontate nelle acque sotterranee. E’ stato calcolato come solo in Piemonte, un sito su tre risulta contaminato proprio da solventi, contaminazione che risulta particolarmente complessa da rimuovere in quanto questi composti, una volta sversati nel suolo e sottosuolo rimangono “intrappolati” all’interno dei pori della falda, innescando un lento, ma continuo processo di rilascio degli inquinanti. Il rilascio può perdurare anche per decine di anni, dando origine a una zona contaminata anche molto estesa – il cosiddetto plume.

Spesso gli interventi di bonifica agiscono trattando l’acqua contaminata del plume e non la sorgente e non portano quindi a una definitiva risoluzione della problematica ambientale.

La pubblicazione mostra i primi risultati di uno studio basato sull’utilizzo della microtomografia a raggi X per monitorare in tempo reale, l’interazione tra le nanoparticelle e il solvente. Il test è stato condotto realizzando un cilindro riempito di sabbia e saturato in acqua, che simula la falda acquifera. Come prima cosa si è proceduto a iniettare il solvente, per simulare la contaminazione della zona sorgente, e successivamente una sospensione concentrata di nanoparticelle di ferro zerovalente. La reazione delle particelle di ferro a contatto con il solvente residuo rimasto intrappolato all’interno dei pori della sabbia sono state monitorate con una sequenza di microtomografie. Le immagini tridimensionali hanno permesso di osservare la formazione di gas costituito dai prodotti della degradazione del solvente a contatto con il ferro, la progressiva dissoluzione di alcune gocce di solvente e la mobilizzazione di altre a opera del gas.

E’ stato così possibile determinare che in scala reale le nanoparticelle ferrose, grazie all’osservazione del gas rilasciato nella reazione, possono essere impiegate efficacemente anche nella zona sorgente, e non solo per il trattamento del plume. “I risultati di questo studio, benché relativi a una scala molto ridotta e ottenuti in condizioni di laboratorio controllate, aprono nuove prospettive per l’applicazione della nanoremediation anche alle sorgenti di contaminazione – dichiara la professoressa Tiziana Tosco – contribuendo in prospettiva allo sviluppo di una tecnologia efficace e affidabile per la bonifica in tempi rapidi di siti pesantemente contaminati.”

Fonte: La Stampa


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