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E’ attivo il divieto di commercializzazione della plastica monouso, ma manca il decreto di recepimento della direttiva europea.

E’ attivo il divieto di commercializzazione della plastica monouso, ma manca il decreto di recepimento della direttiva europea.

Legislazione

La direttiva europea 904, la c.d. Sup (Single-use plastic products) è entrata in vigore dal 3 luglio, stante il suo iter di approvazione in Parlamento sia ancora in corso, introducendo di fatto il divieto di commercializzazione sul territorio europeo di plastiche monouso utilizzate principalmente per la produzione bastoncini cotonati, posate, piatti, cannucce, mescolatori per bevande, aste per palloncini, tazze, contenitori per alimenti e bevande in polistirene espanso, ecc.

Senza dubbio si tratta di una normativa estremamente importante per contrastare una delle maggiori cause di inquinamento dei mari e dei corsi d’acqua, ma sua applicazione comporta di fatto non poche difficoltà per le imprese che operano da tempo nel settore

Tra coloro che hanno accolto positivamente la Direttiva c’è anche l’Associazione nazionale riciclatori e rigeneratori di materie plastiche (Assorimap) – che dal 1978 rappresenta le aziende del settore – con alcune proposte migliorative. Come riportato infatti dal suo presidente Walter Regis “per ridurre l’impatto ambientale delle plastiche monouso occorre eliminare quei prodotti che possono essere sostituiti con materiali meno impattanti, ma anche aumentare l’efficienza della raccolta e della rigenerazione della materia. L’Europa ha tracciato un percorso chiaro, con obiettivi e tempi definiti, e ogni Paese dell’Unione si sta adoperando per recepire la direttiva comunitaria. Il governo si è dimenticato del riciclo meccanico della plastica, attività green per eccellenza. Abbiamo solo 60 imprese per il riciclo meccanico della plastica nel nostro Paese ma, nonostante il numero così esiguo, possediamo un know-how all’avanguardia nel mondo. Servono più risorse”.

Quello che l’associazione contesta è la scarsa considerazione riservata dallo schema italiano di recepimento della direttiva europea, per quanto riguarda l’attività di recupero della plastica: “L’unica deroga prevista per la produzione usa e getta riguarda gli oggetti costruiti in plastica e bioplastica insieme, materiali compositi che non possono avere una seconda vita, ma finiscono in discarica o nei termovalorizzatori”. Pur riconoscendo il valore delle bioplastiche, secondo Regis occorre consentire anche la produzione e la commercializzazione dei materiali ibridi costruiti con plastica derivata da polimeri e plastica riciclata, che da rifiuti si trasformano in materie prime seconde e rientrano nel ciclo produttivo. Su 2,2 milioni di tonnellate di imballaggi immessi nel mercato italiano ogni anno, la raccolta è di 1,3-1,4 milioni (poco più  del 50%) e il riciclo effettivo è di 600mila tonnellate (solo il 27%). Per il presidente di Assoripam è fondamentale “intercettare gli imballaggi riciclabili ed eliminare quelli prodotti con mix di materiali, difficilmente separabili”.

L’analisi della direttiva da parte delle imprenditori del settore ha evidenziato anche alcuni aspetti positivi della nuova normativa, in particolare due target importanti per il settore e per la salvaguardia dell’ambiente: il quantitativo minimo obbligatorio di plastica riciclata prevista negli imballaggi monouso e l’incremento della raccolta. Nel 2030 scatterà l’obbligo di utilizzare almeno il 30% di plastica riciclata per i contenitori destinati a liquidi alimentari con capacità fino a tre litri; l’obiettivo intermedio al 2025 è del 25%. Per la raccolta differenziata delle stesse bottiglie, il target è fissato al 77% per il 2025 e al 90% per il 2029.

Fonte: lastampa.it


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